il paese sommerso
A Roma piove e c’è chi finisce i suoi giorni in una casa ricavata in uno scantinato dove vive con la sua famiglia. Poche ore di pioggia incessante e Roma è al collasso. Nel buio della mattina guardo con ansia l’alzarsi del livello dell’acqua sulle mie terrazze perché le fogne non ce la fanno ad accogliere l’enorme quantità di acqua precipitata in pochi minuti. La radio diffonde immediatamente notizie allarmanti. Una moderna città è praticamente bloccata. In tempo reale le immagini, riprese dai cellulari, viaggiano in rete, e quello che pensavamo appartenere a paesi lontani, invece riguarda la Liguria, la Toscana e… si parla, e si parla, e si parla…
Un senso di rabbia è l’unica emozione che riesco a provare. L’ipocrisia di una intera società è tale che non permette di vedere ciò che è sotto gli occhi di tutti. Da architetto sono indignata per ciò che sento. Tutti esprimono opinioni, tranne chi ha la competenza per farlo: coloro che si occupano della pianificazione e della gestione del territorio. Un’ urbanistica cattiva è stata attuata negli ultimi 40 anni!
Questa mala gestione contribuisce in maniera pesante a generare la tremenda crisi legata al debito pubblico italiano. Il governo discute sulle ultime manovre economiche e appare sempre più chiaro come la crisi sia espressione di un’epoca caratterizzata soprattutto da sprechi e pazzie urbanistiche.
Nei garage dei nostri condomini si realizzano palestre, supermercati, ristoranti… tutti sotto il livello della strada. Non voglio sembrare cinica, ma gli italiani hanno permesso di speculare e costruire ovunque: fiumi imbrigliati nel cemento o deviati, case edificate all’interno delle fasce di rispetto dei fiumi e dei fossi, case edificate in territori con vincoli idrogeologici… trasformazione del territorio. I vincoli urbanistici, paesistici e territoriali, vengono considerati come un ostacolo alla libertà personale e come un capriccio di coloro che invece credono fermamente nella salvaguardia del proprio territorio.
Quindi mi domando: “che peso ha questa cattiva urbanistica, basata sulla logica del modello speculativo, sulla crisi italiana e sulle vite?”.
Io amo l’urbanistica ma per scelta è stato inevitabile doverci rinunciare dopo la costante conferma, ad ogni stesura di Piano Regolatore di comuni più o meno estesi, di come l’attività progettuale veniva condizionata dai dettami della giunta comunale di turno anziché lasciare liberi i professionisti di attuare delle autentiche politiche territoriali. Siamo lontani anni luce dalla vera progettazione partecipata. La società civile è costituita dai singoli cittadini che responsabilmente fanno delle scelte che ricadono su tutta la comunità. Nel settore dell’edilizia gli acquirenti partecipano ed alimentano anche scelte progettuali sbagliate, purchè tutto sia nel loro interesse personale.
Mi domando con quale coscienza una persona cura l’ investimento in una casa e realizza un appartamento in quello che era uno scantinato e lo affitta approfittando della compiacenza di tanti professionisti e di amministrazioni distratte.
Forse anche io mi sono unita al coro del bla bla bla generale. Il nostro amico Gino mi fa notare che mentre tutti dibattiamo
le persone continuano a vivere e a misurarsi con i problemi che a volte finiscono per travolgerle prima che si trovi una soluzione adeguata.
E’ il caso di una donna africana e della sua famiglia che di fronte all’impossibilità di avere una vera casa in affitto, poiché neri e con una bimba disabile, pur avendo lavori regolari vivevano in un seminterrato che giovedì 20 ottobre è stato inondato, spazzando via la speranza di una vita normale. Gino ci ha informato che tra qualche giorno la famiglia dovrà lasciare le stanze che i Salesiani del Gerini gli hanno offerto nell’emergenza. Nasce quindi il dovere di lanciare un appello di autentica solidarietà. Se c’è qualcuno che ci legge e possiede una casa sfitta “batta un colpo”.
Qualcuno sa quali sono le altre tre emergenze nazionali della lista stilata nel 1970 e a che punto sono? Tanto per capire “le imprevedibili tragedie” dove avverranno e dove saranno spesi i nostri soldi (ammesso che ce ne saranno) per affrontare la “nuova” emergenza.
“L’inchiesta dei magistrati genovesi guarda a valle, verso l’interratura del Bisagno, per ricostruire omissioni ed eventuali responsabilità sulla mancata realizzazione di un’opera che 41 anni fa venne giudicata «prioritaria» per la sicurezza del territorio nazionale. Il governo dell’epoca, presidente del Consiglio Emilio Colombo, chiede a una commissione guidata dal ministro senza portafoglio per le Regioni Eugenio Gatto di stilare un elenco delle cinque più grandi emergenze nazionali. Al primo posto c’è la messa in sicurezza dell’Arno, esondato quattro anni prima. Al secondo c’è il Bisagno. L’interratura del torrente viene giudicata «insufficiente». È stata progettata nel 1928 e realizzata in dieci anni dal governo fascista, che sull’alveo originario, largo 90 metri, costruisce una strada che nel 1945 diventa l’attuale viale delle Brigate partigiane, e lo circonda di palazzi, stringendo lo spazio del torrente ormai sotterraneo di una trentina di metri. ”
(fonte: http://www.corriere.it/cronache/11_novembre_07/Ecco-il-ponte-tappo-che-ha-sommerso-Genova_ddb6c7b8-0918-11e1-a272-24f31f5e1b69.shtml )
E’ importante durante le alluvioni un comportamento corretto dei cittadini. Nel Blog di Che tempo che fa – trasmissione di Rai 3, condotta da Fabio Fazio, sono descritti i consigli utili http://chetempochefa.blog.rai.it/
4 novembre 1966: alluvione a Firenze. I giovani del tempo che guardavano ad un futuro migliore, ad un mondo nuovo fuori dalle vecchie logiche si rimboccarono le maniche e, da ogni dove, arrivavano nella città fiorentina sommersa dalle acque del suo Fiume. Era la “meglio gioventù”. Ancora oggi esiste una “meglio gioventu” alla quale, però, vengono tarpate le ali ed alla quale non si vuole dare spazio per esprimersi. La società è sempre più indifferente. Viviamo con angoscia le ore di Genova ed è di sollievo sentire la voce di Don Gallo che, come sua abitudine, denuncia senza giri di parole la società ipocrita a cui il nostro Paese è ormai educato da alcuni decenni. http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/05/don-gallo-fa-male-lindifferenza-la-citt-deve-unirsi/168598/
Innanzitutto grazie per aver messo a disposizione il Vostro blog, confido nella sensibilità dei lettori che va certamente oltre i pregiudizi e gli stereotipi del caso.
Vorrei darvi qualche informazione per “affinare” la ricerca: la famiglia (mamma, pappa e due figli di 7 e 10 anni) ha sempre vissuto nel territorio del V Municipio dove, grazie alla tenacia della mamma ed alla disponibilità dei servizi sociali, il percorso verso l’autonomia e l’integrazione è andato avanti, tra mille problemi, senza mai arrestarsi.
L’ultimo passo, che non si riesce proprio a fare sembra la casa. Un luogo dignitoso dove poter vivere, lavorare, far crescere i propri figli .
Attualmente la famiglia è rientrata nel seminterrato in cui viveva prima dell’alluvione che nel frattempo si è asciugato ma l’inverno è alle porte e sarebbe quindi importante trovare al più presto una nuova sistemazione sempre nella zona Tiburtina-Pietralata-Torraccia-Ponte Mammolo-Rebibbia. Una casa con 2 camere e una cucina abitabile sarebbe più che sufficiente, per una affitto che non superi i 7-800 euro al mese.
Restiamo in attesa…