resistente fragilità

Nell’ampio spazio della Curia Iulia, all’interno del Foro Romano, è allestita la mostra “Vetri a Roma”, interamente dedicata all’arte del vetro di età romana. www.archeoroma.beniculturali.it/mostre/vetri-roma

La  mostra merita la visita  fosse solo per ammirarne l’allestimento con i raffinati sistemi di illuminazione a basso consumo e l’accurata disposizione dei delicatissimi oggetti. Un sistema di monitoraggio microclimatico e ambientale è stato realizzato per garantire la buona conservazione delle opere rispettando alcuni precisi parametri di riferimento microambientali principalmente riferiti alla temperatura e, soprattutto, all’umidità relativa. Non trovo le parole per esprimere l’emozione che si prova nel vedere gli oggetti esposti. Forme, colori e intuizioni che non hanno niente da invidiare alle più alte espressioni di opere contemporanee. Il vetro! Quante volte avrò parlato di questo materiale che definisco “amico”, dato l’infinito numero di volte che si può riciclare. Ho sempre amato questo materiale per la sua forza espressiva e per la sua anima caratterizzata dall’essere resistente, duro e al tempo stesso fragile. L’approccio architettonico con il vetro, oggi è molto più accettato dal grande pubblico che in questi anni ha compreso le potenzialità di questo materiale: l’illuminazione naturale e la leggerezza della struttura. Queste sono  le caratteristiche più importanti della contemporaneità  e questa estetica, è spinta al massimo, dalle potenzialità del vetro.

Grazie alla capacità della trasmissione della luce, alla resistenza termica, alla resistenza meccanica e alla sua versatilità, il vetro ha una identità fondamentale e una molteplicità di applicazione anche nell’architettura di interni. Questa è una conquista! Ripenso a quando più di venti anni fa, Marina ed io, trovavamo forti ostacoli da parte di committenti e artigiani quando proponevamo soluzioni di interni dove il vetro era protagonista. Alla vetreria abbiamo spacciato un vetro curvato, su nostro disegno, dicendo che era per il bancone di un negozio quando invece non era altro che la testiera del nostro letto. Così come le pareti vetrate a giorno scorrevoli: data la loro dimensione sembrava impossibile realizzarle se non sorrette da un telaio. Non riuscivano ad accettare l’idea che una superficie vetrata a giorno potesse essere inserita in una casa così come solitamente si vedeva nei negozi o negli androni dei palazzi. Facevano paura. Erano pericolosi. Arduo è stato farle montare in casa così, libere!

Affascinato davanti al piatto con l’ittiocentauro penso al tempo trascorso dal II millennio a.C. ad oggi, quando su tavolette la scrittura cuneiforme riportava, con un linguaggio oscuro per non svelare il segreto condiviso tra pochi artigiani, la ricetta per la fabbricazione del vetro. Il vetro è affascinante perché rappresenta uno dei primi prodotti interamente artificiale dell’umanità. Il miracolo si mostrò agli occhi dei mercanti di nitro quando, approdati su una spiaggia, per tenere  sollevati i pentoloni per cucinare usarono i blocchi di nitro. Con il calore e mescolati con la sabbia diedero origine ai rigagnoli di un liquido ignoto che, solidificandosi, si presentava agli occhi increduli dei mercanti come una sostanza pastosa e nuova. Le vivaci policromie erano ottenute attraverso l’uso di ossidi metallici. Grani di collane, piccoli vasi che riproducono le forme del vasellame in metallo, sono realizzati in vetro blu ottenuto con l’aggiunta di ossido di cobalto. Il vetro blu è quello che preferisco. Penso alle volte che ho utilizzato il vetro blu per le piccole cappelle da noi realizzate. Blu Cina! La luce, filtrata, si diffonde e invade lo spazio e trasmette una forte sensazione di calma e di passaggio alla dimensione spirituale. 

E’ bello questo materiale che nell’antichità ha soppiantato l’oro e l’argento. Una coppa o un monile in oro venivano sminuiti dal vetro che con la sua caducità sottolinea come questa aumentasse il pregio dell’oggetto di lusso. Questa fu considerata la prova della ricchezza, il trionfo del lusso autentico: possedere un oggetto che può andare totalmente distrutto in un attimo. Ero da poco architetto quando restai incantato davanti alla Piramide del Louvre. In tanti criticavano questo intervento di  Leoh Ming Pei. Ma perché tutti criticano quando un’opera è geniale? Ero in Francia ed in televisione sentivo dire: ”Versaille è ancora lì con la sua struttura. Quanto resisterà la Piramide?”. Ho capito che l’occhio dell’architetto vede la realtà in un modo diverso. Io vedo la struttura di cemento armato di un palazzo, così come quella del Colosseo, che lavorano 24 ore su 24 per vincere la forza di gravità e stare in piedi, senza sosta. Prima o poi la forza di gravità vincerà; nulla è eterno e la fragilità del vetro è solo apparente. Ogni cosa, nella nostra esistenza, è precaria e per questo ha valore.





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