WaterFire
Una mia passione: il Fuoco.
Fin da bambino ho sempre amato lo spettacolo che ci offrono le fiamme che danzano libere nell’aria. Mi raccontano che quando nei mesi di vacanza andavo a trascorrere qualche tempo dai nonni in campagna, facevo accendere il fuoco nel focolare. Mi sedevo e guardavo. In pieno Agosto. Un pazzo, insomma.
In una casa non dovrebbe mancare il focolare, soprattutto di questi Tempi. Aiuterebbe a ristabilire i contatti autentici, favorirebbe le relazioni, lascerebbe spazio per pensare.
Roma ci ha offerto un magnifico spettacolo nelle sere del 21 e 22 Settembre con l’evento WaterFire. Ho trascorso con Marina una bellissima serata lungo la banchina tra Ponte Sisto e Ponte Mazzini. Cosa si poteva fare di più eccitante per salutare l’equinozio? Entra l’Autunno.
Non conoscevo l’artista americano Bernaby Evans che da 18 anni rivisita in chiave artistica i fiumi delle più importanti metropoli del mondo. Da un Lungotevere ingolfato dal traffico delle macchine e da gente chiassosa che si muove in ogni direzione siamo scesi, filtrati dalla calda luce dei lampioni, sulla banchina che costeggia la riva destra del Nostro fiume. Decine di bracieri erano stati posati a galleggiare sull’acqua e le alte fiamme illuminavano la riva. Bellissimo festeggiare l’Estate che ci lascia ancora una volta, seduti a terra, lungo la banchina, davanti a questi grandi bracieri che illuminano il volto delle persone. Tutti parlano con un tono di voce più modulato e si muovono senza fretta. Grandi e bambini. Raccontano delle loro vacanze ormai finite, osservano il fiume come fosse la prima volta, lontani dal caos della città che vive sugli alti muraglioni.
Il fuoco trasmette immediatamente l’emozione del focolare domestico, facendoci dimenticare il suo significato originario, cioè Luce. Phos. E davanti al fuoco restiamo incantati. I bracieri si riflettono nello specchio del fiume e dal buio emergono, portati da una barca, dei ragazzi di nero vestiti che alimentano il fuoco con nuovi ciocchi di legna per farlo ardere fino alla Mezzanotte. Come moderne vestali dal buio emergono rivitalizzando il fuoco in onore del dio Tevere. Quanto ci può raccontare il Tevere che scorre da millenni? Le fiamme si alzano velocemente accompagnate dal crepitio del fuoco e liberando in alto nell’aria un pulviscolo incandescente. Il vento porta sui nostri corpi il calore del fuoco. La Storia e il Fuoco. Quanti roghi si sono alzati a Roma nel periodo dell’Inquisizione per fermare le idee moderne. Quanti roghi virtuali ancora oggi esistono per fermare il nuovo che avanza? Water e Fire, i due elementi che purificano.
E’ vero: da quando furono costruiti gli argini del Tevere, la città ha perso il contatto con il suo fiume. Noi siamo seduti davanti ai fuochi e lassù si svolge “la vita”, su due strade che corrono parallele al fiume ma che per vederlo ci si deve per forza affacciare. L’eccezionale inondazione del 1870 fece maturare l’idea di proteggere la futura Capitale del Regno d’Italia dalle piene del Tevere. Da quaggiù Ponte Sisto ci osserva con il suo “Occhialone”, il grande foro rotondo che serviva da idrometro e che faceva preoccupare i romani quando l’acqua del Tevere arrivava ad attraversarlo. Il ponte si specchia nel Tevere dal III secolo, quando si chiamava Pons Aurelius.
Dal 1475, rinnovato, porta il nome di Ponte Sisto. L’architetto Baccio Pontelli ha incorporato nella prima arcata l’antico ponte romano fino a quando alla fine del XIX secolo, a causa dell’aumento del traffico nella città, la sua carreggiata fu allargata con una moderna opera di ingegneria in ghisa. E’ stato il nostro professore di Restauro, Gaetano Miarelli, a curare il restauro del ponte nel 1998 per riportarlo alla sua immagine rinascimentale.
Il fuoco nei bracieri continua ad ardere e le fiamme a dialogare con le luci di Roma. Ma i romani che sono qui conoscono le storie di tutto ciò che li circonda? A Ponte Sisto risponde il moderno Ponte Mazzini. Mi fa impressione pensare che i miei alunni, a 14 anni di età, ancora non sanno chi sia Giuseppe Mazzini, grazie alle continue pseudoriforme della scuola. E’ un ponte molto semplice nella sua struttura che segna la storia del nostro Risorgimento e non solo. Lo guardo e penso che se esiste lo deve al fatto che non fu terminato il grande progetto di Paolo III Farnese che voleva collegare il suo palazzo –Farnese- alla Farnesina sull’altra sponda del Tevere. Michelangelo non portò a compimento l’opera ed ora il collegamento tra le due rive è dato da Ponte Mazzini che sta proprio davanti al carcere di Regina Coeli. Ponte Mazzini ci guarda con un altro occhio, ormai cieco: quello che ha visto il linciaggio del direttore del carcere, Carretto, responsabile di aver consegnato ai tedeschi i 365 Martiri delle Fosse Ardeatine.
Velocemente il pensiero corre e intanto una magnifica colonna sonora accompagna la serata lungo il Nostro.
Passa una barca un uomo in toga romana ha la testa di maiale… ironica allusione ai tempi moderni, tempi di festini, decadenza e corruzione a spese della povera gente. La storia si ripete: chi ha pagato le forti spese del Ponte Sisto? Le “curiali”, le donne di strada, tassate ogni volta che c’era un’opera pubblica da fare o da risanare.
La storia racconta… ma noi l’ascoltiamo? I due muraglioni alti più di 100 metri, sui quali corrono le arterie dei Lungotevere e sotto le quali corrono i collettori delle fogne, hanno definitivamente interrotto il dialogo del fiume con la Città. Come gli opposti Acqua e Fuoco riescono a stabilire un rapporto così con WaterFire si ristabilisce il rapporto tra la Città ed il suo fiume.
In ogni casa ci vorrebbe un focolare dove raccogliersi per raccontare, parlare, pensare.
su il morale ragazzi !!! vengo di leggervi, e vi capisco. La différenza è che a Paris, le associazioni sono molto forte. Bussano a tutte le porte, insistano, pesantemente, e da pertutto… Siete voi giovani a investirvi per Roma, lo merita, no ?? Communque, per me, Roma rimarra per sempre il luogo dei piu bei giorni della mia vita !!! Un saluto provenzale !!! M.
Cara tatà, che Roma sia la più bella città del mondo, mi dispiace per tutti, ma non si può negare. Però non possiamo parlare di civiltà. Libertà, uguaglianza e fraternità sono ideali ancora molto lontani. In Italia non basta avere capacità e bussare.
Bell’articolo Max! Fuoco e acqua. Distruzione e rigenerazione. E’ quello che servirebbe in questo momento: una rigenerazione della nostra città e delle nostre emozioni, a partire dalle acque. In tutte le grandi città europee che ho visitato, al fiume è stato riconsegnato il suo ruolo, punto di incontro e di riflessione per chi, di notte e di giorno, si è reso complice di questo testimone silenzioso che racconta la storia sempre uguale e sempre diversa, come lo scorrere delle sue acque. Penso a Berlino, dove la Sprea è diventata il leitmotiv delle trasformazioni della città: ragazzi ed ex ragazzi bevono birra con le gambe a penzoloni sugli argini del fiume, conversando amabilmente nel quartiere di Kreuzberg; le moderne architetture della zona governativa saltellano da una sponda all’altra, dominate dalla nuovissima Hauptbanhof; il museo della DDR, allestito lungo la Sprea, ricorda come il fiume aveva costituito una speranza per fuggire dalla Germania dell’Est. Oppure ripenso a Parigi, che non visito da qualche anno, ma di cui ho un bellissimo ricordo legato alla musica di un tango ballato in notturna, quasi al buio, al ritmo di una musica sussurrata lungo le sponde della Senna. E’ stato facile, in quell’atmosfera, conoscere persone, individuare volti e storie diverse. E ancora ho in mente la Londra dei docks, dove l’umidità e l’oscurità malsana delle fabbriche di fine Ottocento ha lasciato il posto ad ampi spazi in cui sdraiarsi a leggere il giornale nella pausa pranzo. Allora, se acqua e fuoco possono servire a risvegliare le nostre anime e rinnovare le nostre emozioni, ben vengano, come il tuo articolo!
Condivido pienamente questa tua sensibilità nel sottolineare, con eleganza, questo annoso nostro problema. Roma ha perso il suo contatto con il Tevere. Solo i romani di fine ‘800 hanno vissuto il trauma del distacco. I romani del XX secolo sembrano non accorgersi di non avrere più il rapporto con il loro fiume. Parli di Berlino, Londra, Parigi. Città colte. Perché noi non abbiamo la stessa sensibilità? Penso al progetto dell’Ara Pacis di Richard Meier & Partners Architects, uno dei più notevoli musei della seconda metà del Novecento, violentemente brutalizzato. Una bianca terrazza dall’Ara Pacis sarebbe dovuta arrivare a guardare il Tevere, dove poter camminare, ammirare il paesaggio e il monumento imperiale. Le macchine sarebbero dovute correre lontane, sottoterra, all’altezza delle acque del fiume e delle banchine. Questo sottopasso non è stato completato e l’intera area non è stata consegnata ai romani. Ancora il traffico separa la città dal Tevere. La terrazza che si doveva slanciare sul Tevere non verrà mai costruita e così questo intervento sembra separare ancora di più la città dal fiume. Eppure questo complesso museale nato dall’intuizione di un americano, con una forte cultura europea, erede del razionalismo e del grande Le Corbusier, ricompone la quinta edilizia ad ovest del Tridente delimitando l’area che era rimasta vuota dal sotterramento del Porto di Ripetta per la realizzazione degli argini del Tevere. Una scalinata permette di superare il dislivello tra via di Ripetta e il Lungotevere e raccorda la nuova costruzione alle chiese neoclassiche antistanti. La scalinata presenta due elementi di richiamo al passato: una fontana, memoria del Porto di Ripetta che insisteva proprio su quest’area, e una colonna –che fine ha fatto ?- che doveva essere alla stessa distanza dall’Ara che aveva l’obelisco della grande meridiana in età augustea. Insomma, se ne può discutere, ma il problema è che siamo molto provinciali. Una politica becera ha fatto diventare questo intervento pietra dello scandalo per puri fini propagandistici. La cultura all’estero è un’altra, purtroppo per noi. Io so solo che quando mi siedo ai bordi della fontana dell’Ara Pacis e mi godo la storia che spazia attraverso i secoli e quando entro negli spazi trasparenti del museo ammiro l’Ara e vedo il Tevere ebbene mi sento fiero di essere italiano e vedo Roma come una capitale europea.
bravo Max !!! Un piacere a leggerti !!! Alla mia età, vorrei vivere tanto et tanto per apprendere da personne come te !!!!! Avrei tanto a dire sul tuo testo…… però, mi fermerò a l’ultima frase tua : “in ogni casa ci vorebbe un focolare….. etc…” Bene, c’è l’ho il focolare, e in inverno sto ore e ore a guardarlo, et penso a tante cose che mi snervano, ma dopo un po’, non ti posso dire perchè…. mi sento, come dire, in pace con me stesso, et sono rasserenata ! Una volta di piu hai raggione !!!!!!! bisous à vous deux, M.
Grazie Michèle, ma non si tratta di avere ragione una volta in più… sono semplici affabulazioni. Mi hai fatto pensare ad una cosa interessante. Quando ero ragazzino a Napoli c’era una strana usanza che poi è andata morendo. Era quella di bruciare delle grandi cataste di legno: vecchi armadi, cassettoni ed altre cose che non si usavano più nelle case. Non ricordo in che occasione si facesse questo “rito” probabilmente di origini pagane. In cima alla catasta di oggetti in legno la gente metteva un pupazzo che prendeva fuoco come fosse una strega. Quelle fiamme insolite non erano legate all’esigenza di scaldare o cucinare; erano estranee all’atmosfera del camino domestico… eppure erano così familiari. Si esorcizzava qualcosa da distruggere, da allontanare dalle nostre vite e dai nostri pensieri. Forse quello che accade a te davanti alle fiamme del tuo caminetto è proprio questo. Le fiamme aiutano a distruggere le cose che non vanno e ci si rigenera, come dici tu: rasserena. Molto bello. Un bacio a te e a zezé.