salone del mobile
Giovedì sono arrivata a Milano alle 15,00. Italo è partito in forte ritardo a causa dell’incidente accaduto ad un operaio che lavorava nella stazione Tiburtina. Un triste episodio che ha segnato la mia giornata e quella di molti altri passeggeri.
I tempi rapidi della vita quotidiana sono stati bruscamente bloccati e rallentati da un fattore umano sconvolgente. Quanto accaduto ha fatto da sottofondo al tempo trascorso tra i padiglioni del Salone del Mobile dove la mia chiave di lettura è diventata “il Lavoro”.
Circondata da quell’ “effimero”, che è motore trainante dell’economia di un importante settore, ho ricercato la conferma che per fare bene si deve mettere il lavoro al centro di tutto. L’industria con la rapida produzione ed i tempi veloci è stata espressione di una deformazione di quanto avveniva nelle aule del Bauhaus, la scuola democratica che si fondava sul principio della collaborazione tra maestri e allievi, che era nata come un piccolo organismo sociale pronto a realizzare la perfetta unità di metodo didattico e sistema produttivo.
All’interno del Salone Satellite c’e un’evidente riscoperta dello stretto legame dell’industria con l’artigianato.
Una falegnameria, una vetreria e una fonderia sono i laboratori che mostrano al pubblico come nascono gli oggetti e il forte rapporto tra progettisti e artigiani.
E’ significativo che oggi, un tempo in cui tutti siamo virtualmente in rete, nell’industria venga riscoperto il bisogno di scambio e di confronto intorno ad un tavolo così come in un laboratorio, recuperando la dimensione più concreta di essere in rete. Personalmente non riesco a immaginare il mio lavoro svincolato da rapporti diretti con gli artigiani – falegname, fabbro …- con i quali concorro alla realizzazione di un prodotto. Sembrerebbe che le grandi aziende stiano riscoprendo il loro cuore artigiano ritenendo che aprendosi ad un autentico confronto si possa rispondere ad una produzione che si allontana da sistemi ormai clonati e alienati. La partecipazione condivisa permette di trovare soluzioni innovative, specifiche, uniche.
Il desiderio di sganciarsi dalle standardizzazioni oltre che nel settore produttivo, l’ho ritrovato anche nelle proposte di Jean Nouvel che presenta un modo alternativo di pensare i luoghi del lavoro. L’ambiente di lavoro deve essere sicuro, deve essere un luogo di relazioni, storie, identità. Non mi è mai piaciuta la netta separazione tra casa ed ambiente di lavoro perché entrambi sono luoghi in cui si abita. Lavorare in uno spazio che ci appartiene ci fa stare meglio e si è più produttivi.
Tra i cinque concept che Jean Nouvel propone al Salone di Milano il più significativo per me è proprio quello del lavorare in casa propria. Oggi questo più che un bisogno è una necessità che porta a vivere le case di giorno come uno studio e di sera come nido familiare. Gli arredi hanno una doppia vita che si scambiano con naturalezza. E’ necessario pensare al lavoro in un modo alternativo: un ufficio ovunque si trovi deve essere uno spazio chiaramente identificabile, ricco di umanità e di storia raccontata dagli oggetti e dagli arredi. Mi ha sempre impressionato il ripetitivo mondo degli uffici tutti uguali.
http://www.linkedin.com/groups/Archistar-francese-rivitalizzare-ufficio-%C3%88-4694995.S.180453678
|Complimenti per l’articolo molo orginale|
Un vero incontro di creatività! bellissimo il salone satellite
Una inversione di tendenza per il design nel mondo! riscoprire quei valori di unicità e artigianato che fece grande il made in italy! bell’articolo complimenti!
La tua ultima frase mi ha fatto riflettere: “un ufficio ovunque si trovi deve essere uno spazio chiaramente identificabile, ricco di umanità e di storia raccontata dagli oggetti e dagli arredi”…..e pensare che l’azienda in cui lavoro, invece, promuove la “clean desk policy” secondo la quale, ogni postazione di lavoro deve essere lasciata libera da ogni personalizzazione per l’utilizzo eventuale da parte di altre persone.
Appare chiaro come, in tale situazione, l’umanità e la storia raccontata dagli oggetti venga meno per lasciare il posto alla fredda e monotona standardizzazione.
Capisco che nelle grandi aziende questa sia la strada più semplice per la gestione degli spazi comuni e per prevenire il caos, ma quanto mi piace, mentre lavoro, alzare gli occhi e vedere le mie foto, i disegni che mio figlio ha fatto proprio per me, un suo lavoretto o la figurina che ha attaccato sul mio PC! (…lo ammetto….sono fuori policy…ma a me piace così!!!)
Sono stato anch’io qlke giorno fa al salone…molto bello! particolarmente mi è piaciuto un espositore che si occupa di arredamenti per pasticcerie, panifici e caffetterie. ho preso il bigliettino, questo il sito http://www.spaziogenio.com/lazienda
i locali sono tutti davvero molto curati, e fanno tutto loro all’interno