Uno splendido 60N
Sdraiati sotto il caldo sole del 20 agosto. Sulla spiaggia pochi bagnanti e leggevamo la lettera dell’economista Alessandro De Nicola a Nanni Moretti … con le onde del mare come colonna sonora.
“Ci sarebbe molto da parlare”… puntualmente suggerisce Caterina. E noi cominciamo a parlare!
Inizia così un viaggio della memoria nel ricordare, inevitabilmente, il ruolo che le case – in particolare gli interni – hanno nei film del “raffinato” regista e che ci hanno accompagnato negli anni della nostra formazione.
La “stanzialità” è un denominatore che contraddistingue molte scene dei suoi film girati nel chiuso degli appartamenti. In questo intimo architettonico i personaggi sono costretti negli spazi delle stanze, dei bagni, delle camere confermando la casa come nido sicuro e come elemento di separazione che ci preserva dalle contaminazioni esterne.
Le pareti delle nostre case hanno un significato di sicurezza diventando testimoni del grado di evoluzione personale e sociale raggiunto. Forse, più forte del senso di sicurezza dato dal rifugio, gli interni esprimono ciò che psichicamente è per noi più interessante diventando espressione, narrazione e metafora di contenuti affettivi e simbolici in quanto luogo che meglio rappresenta la personalità di chi ci vive.
Senza dare un giudizio possiamo fare un ritratto psicologico di una persona osservando con occhio ricettivo la disposizione dei mobili, dei quadri, lo stile, la quantità degli oggetti, l’ordine e il disordine, quale zona è maggiormente curata se quella pubblica o quella privata e, non per ultimo, gli odori.
Nel corso della vita la casa rappresenta il nostro percorso di crescita.
Nella fiaba de “I tre porcellini” questo percorso viene illustrato attraverso la costruzione di una casa instabile fatta di paglia che il lupo distrugge facilmente; poi una costruzione più resistente, ma ancora fragile, fatta di legno fino all’ultima costruita in mattoni e resistente al punto che il lupo non può abbatterla.
Le case nei film di Moretti sono quindi metafora delle emozioni psicologiche, delle tappe del percorso della vita che i personaggi stanno attraversando. C’è chi è ancora alla ricerca del proprio posto nel mondo e c’è chi invece ha maturato la sua condizione.
Gli interni delle camere raccontano di giovani in cerca di se stessi e del loro ruolo in un mondo nuovo da costruire ma che non trovano gli strumenti per realizzarsi.
Interni precari, pareti spoglie, mobili adattati all’occorrenza, fanno da contrappunto agli interni riempiti con i segni che raccontano la condizione sociale raggiunta con le certezze date dalle pareti foderate di libri ed arredi più strutturati.
Un giovane prete viene trasferito in una canonica fatiscente in cui deve ricominciare da capo e spera di tornare a vivere tra le pareti rassicuranti della casa dei suoi genitori dove, come da bambino, corre nei corridoi e gioca con la palla.
In una giovane coppia – ai quali il prete rimprovera il cattivo gusto nell’ospitalità – il marito vive male tra le pareti domestiche nelle quali non si sente di appartenere perché nulla delle cose che ci sono lo rappresentano riflettendo il disagio personale di un drastico cambiamento del suo ruolo nella vita. Da prete – padre di molti – a padre di un solo figlio sul quale riversa tutte le sue attenzioni ed è l’unica ragione dell’esistere della coppia.
Un amico depresso si isola dal mondo vivendo in una casa con porte e cancelli alzati per separarsi sempre di più dalla vita che lo fa soffrire, distaccandosi piano piano da tutti. Desidera ristrutturare la casa, ricostruire e ridipingere le pareti, come metafora del recupero del rapporto d’amore con la sua donna, ma non ne ha la forza.
Il giovane prete, che ha una fede matura nella vita, non si sente utile e non è accolto dalla sua comunità, perde le certezze nella famiglia e non è più in grado di dare e lascerà tutti per raggiungere un approdo sicuro nel Circolo Polare Artico dove c’è una casa -chiesa- robusta ed ancorata con le corde di acciaio che resiste ai forti venti e alle turbolenze, dove la gente soffre e ha bisogno di un amico.
Nanni Moretti, in Vespa, urla la rabbia contro coloro che avevano tradito gli ideali, in difesa dei quali erano stati anche violenti, e si sono venduti alle regole del mondo giustificandosi con un “tutti fanno così”.
Lui, come uno splendido quarantenne, crede nei Valori importanti, nell’amicizia, nel rispetto per i genitori, nella cura e nell’amore per i figli, nella famiglia, nella coppia. Valori che, per uno che non crede nella maggioranza delle persone, sono espressione di un credente maturo. Auguri.
Fare un film sulle case è come fare un film sulla storia dell’umanità, e se vogliamo includere nella categoria “case” anche le tane degli animali, allora si racconta la storia del mondo. Qualsiasi animale, o uomo, ha il suo riparo, il suo angolo di tranquillità personale ben definito, in qualsiasi caso. E sottolineo “in qualsiasi caso” perché è cosi sempre; c’è chi viene definito disordinato solo dopo aver guardato dentro la sua casa, semplicemente perché è l’apparenza: quando lo si vede in giro sembra ordinato, una persona “normale”, ma dentro casa appare disordinato, ma non è cosi: lui il suo “disordine” lo conosce, sa dove sono le cose, è infatti un esempio insolito di ordine, ed essendo ordine, ed essendo quindi la persona ordinata, sara ordinata anche fuori (non è inclusa in questa descrizione la gente veramente disordinata, situazione che alla fine ha sempre dei legami con lo stato psicologico, ma ci si allontana dal discorso…). Anche per i barboni esiste la loro “casa”, il loro spazio definito: ho conosciuto barboni che non volevano assolutamente andare a vivere in un edificio (offertogli assolutamente gratuitamente) perché il loro ambiente definito era quel ponte, quella strada, quel muretto. La casa rispecchia la persona che ci vive, in tutti i suoi aspetti, e lo rispecchia negli odori, immagini, colori, spazi, tutto!Conoscere una casa è conoscere una persona, e se ci fate caso, è tanto difficile conoscere una casa quanto conoscere una persona; e per conoscere una casa non intendo sapere che stanze ci sono e dove, ma intendo capire tutti, ma proprio tutti i dettagli, saperli osservare, saperli notare anche solo con uno sguardo rapido: questo è conoscere una casa. per questo è interessante vedere le case!
Guardando quel breve video (nonché la sua seconda parte) citato nel post, ho avuto l’impressione che Nanni Moretti relaziona il tradimento degli ideali con il cambio della casa durante il corso della vita. E mi trovo d’accordo su questo: quando si cambia una casa non per necessità particolari, lo trovo un segno di insicurezza.
Detto tutto ciò concludo dicendo che preferisco molto più le case molto moderne (non per forza l’arte moderna, solo le case 😉 ) rispetto a quelle più vecchie, le qual mi danno un senso di malinconia, solitudine, di silenzio eccessivo; sicuramente nella vita ci devono essere dei momenti che richiedono queste condizioni, ma il troppo stroppia!
“Avessi sette vite a mano in ogni casa entrerei piano…”, cantava Guccini. Non so se questo è quello che intende Moretti, ma sicuramente il desiderio di girare un giorno un film sulle case, espresso nel film “Caro diario”, sarebbe una brillante idea(che solo lui saprebbe realizzare in modo geniale) per parlare di chi ci abita o ci ha abitato, del periodo che sta vivendo o che ha vissuto, delle speranze che ha nutrito nel costruire una società migliore e del fallimento di tante aspettative nell’Italia di oggi così misera. Be’, lui il film lo deve ancora girare, voi il blog sulla casa lo avete già organizzato ed è un megafono per parlare di noi.