Cibo e Cultura

Una scodella di fagioli, un pezzo di pane, una brocca di vino e per insaporire: tre cipollotti. Così Annibale Carracci ritrae  “Il mangiafagioli”. E’ il povero pasto di un contadino, consumato nell’angolo di un tavolo. Ma siamo sicuri che in un periodo di carestie e di epidemie, che caratterizzava il mondo alla fine del XVI secolo, un pasto del genere sia effettivamente povero? Penso di no. La povertà che mi racconta questo dipinto è una sottile solitudine che segna la dura vita di un uomo al ritorno dai campi.  Ma poi penso a chi ha preparato quel cibo e fa trovare la tavola imbandita e ben curata anche se nella semplicità. Allora il dipinto si riempie di altri personaggi: una donna, una moglie o forse una figlia. Una mamma, ormai anziana che non è più in grado di accudire la sua famiglia, ma è lei che ha bisogno di cure. Scompare l’idea di povertà e il dipinto si riempie di umiltà. Ecco il valore del cibo, dunque. Il bicchiere di vino è segno del lavoro di un uomo. Il cibo che è sulle nostre tavole esige questo rispetto: dietro di esso c’è il lavoro. Il cibo serve per vivere, ma il cibo è anche incontro e festa. Dietro ai sapori, agli odori, si nascondono tantissimi significati; dietro al gusto di sedersi a tavola, ma anche dietro ai fornelli, esiste una trama fitta di simboli e linguaggi che costituiscono il donarsi completamente all’altro in un rapporto di profonda conoscenza e contatto. La creatività, la voglia, l’immaginazione trasformano i cibi e la loro preparazione in un vero e proprio linguaggio. Chi ama cucinare e stare a tavola in genere scopre, ricerca, studia, fa esperienza, agisce secondo le sue conoscenze, i suoi retaggi e cerca, grazie alla fantasia, di comunicare passioni e stati d’animo. Il contatto culturale con l’altro nasce così: dall’incontro di un mondo di gusti, sapori e profumi ancora tutti da scoprire.

 





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