I luoghi della memoria

Oggi, in questo tempo d’estate, vorrei scrivere, partendo da un luogo geografico preciso e da oggetti d’arredo specifici, vorrei scrivere, dicevo, di un luogo dell’anima.

Il mio luogo dell’anima estivo è Ischia. Ci ho passato tutte le vacanze della mia infanzia fino ai 14/15 anni, fino a quando cioè la combriccola familiare formata dai tanti cugini andò sfaldandosi per raggiunti limiti di età. Era giunto il momento di conoscere l’estate oltre la Spiaggia dei Pescatori di Ischia Ponte. Ma fino ad allora il nostro universo era quella spiaggia popolare con vista mozzafiato sul Castello Aragonese. Si affittavano case dai locali arredate (eccoli gli oggetti mai dimenticati) con il minimo necessario, spesso con comò, armadi e tavoli da pranzo in finto Chippendale anni ’40: legno scuro contro pareti spoglie, qualche marina scolastica non aiutava a riempire il vuoto. Tovaglia di plastica ma stoviglie vere, mai di carta.

ArmadioTornavamo dalla spiaggia all’una, risalendo le scale di Sant’Antonio sotto il sole, ed eravamo obbligati al riposo postprandiale, altrimenti niente Carosello dopo il telegiornale. La penombra della siesta forzata e il richiamo delle cicale tornano sempre insieme alla memoria, mai disgiunti, in quella che oggi chiameremmo un’esperienza “crossmediale”.

Succhiavamo le uova fresche delle galline del padrone di casa, c’era la gita al Castello Aragonese, il gelato al bar La Violetta (da Calise era già un lusso per grandi), la pizza da Di Massa. Anche farsi fare i sandali capresi su misura dal calzolaio era una tappa d’obbligo. Non tutto sempre e in quest’ordine ma i ricordi non seguono una cronologia sistematica. In spiaggia non c’erano vu’cumpra’ ma il contadino che vendeva “cevuzu” (il gelso appena raccolto) e il “coccobbello, coccofresco”. Al largo passavano motoscafi che pubblicizzavano le serate di Peppino di Capri e Fred Bongusto al night. Il mare era mare, non bello, brutto, sporco o pulito: era mare e a noi bastava.

 

Questi, miei cari cinque lettori, sono i luoghi – la spiaggia, il bar, il castello, la piazzetta, le scale che dal mare portavano a casa, il cinema – e gli oggetti – i ghiaccioli, i Super Santos, i mobili scuri e i muri bianchi, i gelsi proibiti, i sandali capresi e le Dr Scholl’s, i pinoli e i gelsomini – che appaiono, si nascondono e poi fanno capolino di nuovo, senza mai sparire del tutto.

Sono i ricordi, immagini a volte sfocate e nebulose, a volte nitide ad alta definizione, improvvisi odori e fragranze, sapori dimenticati e riscoperti, sensazioni intime che commuovono senza un perché.





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