Lungo la strada
Non riusciamo a viaggiare senza portare, con noi, la macchina fotografica. Riuscire a cogliere gli umani o le forme del paesaggio mettendo in pratica quanto ci hanno insegnato i maestri della fotografia contemporanea è, da sempre, il nostro proposito anche se i risultati fotografici lasciano spesso a desiderare.
Viaggiamo in macchina attraversando il banale quotidiano delle aree urbane e rurali che ci circonda e cerchiamo di capire come gli effetti del tempo e delle stagioni influenzano la natura e l’uomo.
La macchina corre veloce e, lungo la strada, vediamo spesso rappresentata la perdita di identità dei luoghi, frantumati da accostamenti assolutamente anonimi che, quando li riprendiamo in fotografia, ci restituiscono immagini piene di silenzio, nostalgia e rimandi verso altri mondi.
Questo è quanto ci è accaduto qualche tempo fa quando percorrendo la E45, ci troviamo all’altezza di Pontenuovo vicino Deruta e la nostra attenzione è stata catturata per la prima volta da una piccola costruzione: una stazione di servizio, o meglio, un piccolo chiosco per la distribuzione del carburante.
Quante volte saremo passati di lì e, mai, avevamo notato questa struttura. Naturalmente scattano le indagini intervistando qualsiasi nostro conoscente e, puntualmente … silenzio. Questo spiega il grande disinteresse, che spesso abbiamo, nei confronti del luogo nel quale viviamo.
Finalmente, durante una cena, ci hanno raccontato della piccola stazione. C’è chi la ricorda lì da sempre, sicuramente nel 1978 già c’era da tempo. Probabilmente fu costruita per rifornire di carburante la zona nel momento in cui fu realizzata quella che allora chiamavano “E7”, una grande infrastruttura a quattro corsie che, al tempo, prometteva e garantiva una importante ricaduta economica nel territorio. In alternativa alla vecchia Tiberina che, per certi tratti, ne ricalca il tracciato, la nuova strada permetteva il collegamento veloce di tanti piccoli centri e borghi che si affacciano lungo il suo tragitto. Nel tempo, l’aumentare della mobilità portò alla necessaria chiusura dell’accesso alla stazione di servizio direttamente dalla nuova strada per ragioni di sicurezza, decretandone la decadenza e, quindi, il conseguente abbandono. Raggiungibile dalla stradina detta della Bufalora il piccolo chiosco ebbe delle rinascite con interessanti iniziative per rilanciarne l’uso ma tutte, tristemente, erano destinate al fallimento. Un distributore Total o IP? Nessuno lo ricorda più! Le pompe sono state asportate e il vandalismo ha brutalizzato la piccola costruzione: inutili scritte e tags hanno oscurato le superfici in ferro e vetro che rendevano la struttura leggera e all’avanguardia. Una triste fioriera con una struttura in ferro, voleva essere un maquillage, ed invece blocca lo slancio della copertura che, un tempo, si librava leggera nello spazio.
Percorsa la stradina della Bufalora riusciamo ad arrivare nell’area occupata dalla stazione di servizio.
Il fascino di questo luogo ci ha catturati forse anche per la sua collocazione che ha del “metafisico” e che ci proietta in alcune tele del pittore americano Hopper.
Immediatamente postiamo su fb una foto definendo il piccolo chiosco “un gioiellino”.
I commenti non si sono fatti attendere e mostravano una certa perplessità.
Eppure questa struttura, nella sua insignificante apparenza, esprime tanto!
Sono anni che, ormai, le Filling Station e le Petrol Station americane sono sottoposte ad una attenta rilettura, tutelate e valorizzate. Su questa scia l’Europa del Nord ha dimostrato una certa sensibilità per queste architetture che, ormai, hanno un sapore Pop rigenerandole con azioni volte ad un loro intelligente riuso. Le stazioni Esso, disegnate da Dudok, sono state vincolate e riconvertite ad altre funzioni. Nasce così una vera e propria attenzione per quelle che sono ormai codificate come le “architetture della mobilità” con esempi incredibili. Stazioni di servizio come nuovi luoghi di cultura, punti di incontro ed intrattenimento, fino ad arrivare all’interessante recupero fatto a Berlino, nel quartiere Schoneberg, della Stazione Shell del 1953 trasformata in una galleria d’arte immersa in un raffinato giardino di pini, ciliegi, bambù e ninfee disegnato da Guido Heger.
In Italia abbiamo totalmente abbandonato al degrado grandi e piccole strutture di questo genere che, per essere riconvertite a nuove funzioni, necessitano ormai di forti interventi materiali ed economici che, spesso, il privato non si impegna ad affrontare se on garantito da un ritorno economicamente vantaggioso.
Eppure esistono esempi virtuosi come il distributore Agip di Ivrea, progettato negli anni Cinquanta da Mario Bacciocchi, e diventato un luogo di incontro.
Probabilmente il riferimento più vicino al chiosco di Pontenuovo, lo troviamo a Foiano di Arezzo dove un vecchio distributore di benzina è stato riconvertito in distributore d’acqua che viene chiamato “Il Fontanello” distribuendo, agli abitanti del territorio, acqua naturale e frizzante refrigerata. “Acqua 00”.
Queste microarchitetture sono distribuite su tutto il territorio nazionale e dovrebbero essere reintegrate nel contesto nel quale sono state generate. Meriterebbero una attenta strategia di tutela e valorizzazione. Sarebbe da augurare che gli organi di tutela incentivassero la loro conservazione e sensibilizzare in questo modo l’opinione pubblica al mantenimento di questi documenti, autentico patrimonio che soltanto una indagine meticolosa e attenta potrebbe fare riemergere dall’oblio di cui sembra soffrire ancora oggi.
Una tutela concepita non solo come difesa dell’esistente, ma come attività di conoscenza appellandosi alla secolare cultura della conservazione presente nella nostra storia –come ci insegna Salvatore Sottis- “come un dato essenziale dell’essere italiani che, come i fasti e la lingua, si trasmette e si radica senza che ce ne accorgiamo”.
Quindi il nostro appello a quanti esprimono il loro disagio e la loro denuncia contro una società civile che sembra essere sorda e assente: <<Perché, anziché violentare con scritte e tags questa piccola opera, non provate a denunciare l’assenza delle istituzioni con un’azione “terroristica” di recupero, manutenzione e conservazione salvaguardando, in questo modo, questo gioiellino?
Mi è molto piaciuta la storia della piccola stazione di servizio “Lungo la strada” vicino Pontenuovo. Ho apprezzato la vostra -tua e di Marina- capacità di saper cogliere piccole cose importanti e penso che ci voglia molta sensibilità umana, sociale e artistica per questo. Le vostre foto forniscono un efficace metodo di conoscenza immediata e diretta che integra bene la descrizione verbale. Secondo me riescono a mostrare particolari del mondo in cui viviamo sotto una luce nuova che ci induce a pensare. Ho colto messaggi forti e precisi che trascendono il tempo e danno indicazioni come il degrado si accompagna a certe azioni irresponsabili e incivili e come basterebbe poco per avviare nuovi modelli di comportamento per un futuro più sano. Grazie per il vostro lavoro.
Silvana rientriamo ora da una lunga giornata intensa e bella… anche se stanchi. Leggere questo tuo commento è un regalo bellissimo che ci invita a credere sempre in ciò che facciamo. Grazie.
Ciao Max,
Molto interessante quello che scrivi mi ha ricordato il mio dispiacere ogni volta che passo davanti ai caselli autostradali dismessi.
In particolare mi riferisco a quello che si trova al vecchio ingresso della Savona Torino e a quello di Vispa sulla medesima autostrada.
Sono costruzioni bellissime , rivestite in pietre grigio argento sembrano quasi piccoli chalet. Si vede che sono il risultato di
una felice progettazione.
Quello a Savona si trova ancora sulla autostrada ed è inutilizzato ma quello di Vispa sorge in prossimità dell’abitato e potrebbe avere una seconda vita….
Certo bisogna fare i conti con la situazione economica attuale che purtroppo non è più in salute come negli anni ’60.
Grazie per averci sollecitato ad uno sguardo meno distratto.
Ciao Mary, grazie per l’apprezzamento. Il tuo commento stuzzica l’dea di “lanciare un contest” per la mappatura delle “architetture della mobilità” in disuso. Sarebbe una cosa interessantissima …ma occorrerebbe un seguito del blog notevolmente più numeroso. Intanto le tue segnalazioni sono un buon inizio. Chissà che una bella progettazione di recupero non sia una buona occasione per un esame del tuo Ingegnere.
Bello e interessante l’articolo.Vedendo questa antica struttura, che ormai fa parte della storia dello sviluppo automobilistico in Italia, mi sono venute in mente anche altre strutture che dovrebbero essere tutelate, per esempio i “trani”, vecchie trattorie di Milano, le cascine di alcune zone della pianura padana, i “bagli”, cascine fortificate, della Sicilia, alcune baite delle zone di montagna, alcune case di Genova con i tetti in lastre di ardesia,…
Tutte cose che dimostrano la maestria e la genialità dei nostri nonni e che forse dovremmo ricordare e conservare.
Giustissimo. I tuoi commenti sono sempre spunto di riflessione. Infatti, spesso, mi trovo a riflettere sull’abbandono e la distruzione dei casolari contadini umbri. …sarà occasione di riflessione in un post in futuro.