il profumo

…Eppure ritorno spesso a riflettere intorno ad un aspetto del mio lavoro che, credo, non troverà mai soddisfazione in una risposta conclusiva.  Settembre. Riprendo la mia attività professionale e il dibattito sullo spazio, sul saper vedere l’architettura, ritorna come il ciclo delle stagioni. Più volte in passato ho trattato di questo in altri post sul mio blog,  anche con risvolti scherzosi, sulla questione di come fare comprendere al  committente le scelte progettuali proposte per la loro casa.

…Eppure mi piace ragionare intorno a questa domanda: “Perché tante persone comprendono con difficoltà un progetto?”  A volte, la presentazione è la fase più dura dell’intero lavoro tanto che, una volta elaborata e superata, tutto sembra concluso; si deve solo realizzare quanto la mente ha immaginato.

…Eppure questa fase di preparazione, la fase progettuale, è ben strutturata: disegni, piante, prospetti, prospettive, modello… ed oggi, grazie alla tecnologia, render, cioè l’elaborato al computer che, virtualmente, fa vedere come sarà la futura casa.

…Eppure, alla conclusione dei lavori portati avanti con dedizione e caparbietà, che rasentano l’eroico, il committente,  muovendosi nei nuovi spazi della sua casa, esclama soddisfatto: “Non avrei immaginato che venisse così. E’ proprio come la volevo io!”

…Eppure… non perdo occasione per dare risposta al mio dilemma. Un giorno, mia cugina Patrizia mi chiedeva come andava il lavoro quando, ad un tratto, le ho domandato proprio questo: “Perché c’è tanta difficoltà a capire il progetto di un architetto?”  Il discorso si è interrotto bruscamente, per lasciare spazio ad altre priorità, ma la domanda non è caduta nel vuoto.   Ieri, con Patrizia, abbiamo ripreso il discorso ed è stato molto bello parlare con lei, in collegamento wapp dal Lussemburgo; una chiacchierata vivace ed autentica,  di quelle fortemente costruttive che via via, in una reciproca intesa, sbroglia la matassa.  Patrizia ha toccato il punto giusto: è molto difficile spiegare lo spazio; è come voler descrivere con le parole un profumo. Inevitabilmente il discorso riporta a Patrick Suskind e a quel libro che ha suscitato sentimenti contrastanti tra ilarità e disgusto. Questo libro mi ha portato a riflettere non solo su l’importanza dell’olfatto, ma anche su l’importanza del rapporto con la nostra casa, lo spazio nel quale trascorriamo la maggior parte della vita e che è sempre il luogo di rifugio dal quotidiano; il luogo dove stare soli, riflettere su se stessi, sulle proprie potenzialità, sui propri difetti, conoscersi ed infine amarsi. Proprio come un profumo anche lo spazio deve appartenere  a chi lo vivrà; proprio come un profumo anche lo spazio non può essere lo stesso per tutti; proprio come un profumo, non ci sono parole per spiegare la spazio.  Quante volte mi è capitato di avere un cliente che aveva già fatto dei lavori di ristrutturazione magari ispirandosi alla casa del vicino oppure ad una idea vista su una patinata rivista di arredamento…  eppure, a lavori ultimati, il risultato non era quello da lui desiderato. Questo perché, come un profumo non ha lo stesso aroma su pelli differenti, così un medesimo spazio di un soggiorno, un medesimo arredo, un certo tipo di materiali, non si adatta allo stesso modo a chiunque. Mi sento proprio come il protagonista del libro di Suskind che non ha odore e per questo è incompreso da molti ma con il dono di avere  un olfatto perfetto. Forse l’architetto è proprio così: dotato una forte percezione, può comporre, o giustapporre, quasi fosse una alchimia, lo spazio, la luce, le forme, i materiali. Proprio come Grenouille, il protagonista de “Il profumo”, che arriverà ad uccidere giovani donne per rubare loro la fragranza, così mi sento quando intervengo in uno spazio creato da altri e, distruggendolo,  articolandolo e modificandolo, creo l’essenza dello spazio a misura di coloro che lo andranno a vivere. Una volta, tanti anni fa alla conclusione di un lavoro, un muratore mi fece un complimento enorme: “Archité, ha fatto ‘sta casa che sembra di sentire un profumo. Quanno se lavora nelle case se deve lascià er profumo.”

Forse la sua espressione era un po’ ispirata al Belli, ma autenticamente vera. Percepiamo lo spazio con gli occhi, ma forse dovremmo risvegliare il naso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 





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