L’estetica del libro
In un tempo di cultura multimediale il libro è, paradossalmente, strumento più versatile dei vari e-book, DVD, Audiolibri e quant’altro.
Il libro contiene e veicola cultura e sapienza ma anche scempiaggini invereconde e fin qui la partita con i concorrenti digitali è patta.
Dove però il libro straccia i poveri media tecnologici è nel campo estetico, non in quanto significato (cioè come contenuto) ma in quanto significante (cioè forma).
In parole povere: arreda. E come tutti gli accessori di arredamento si adatta al carattere della casa e del lettore. Come? Nella libreria.
Qui mi vengono in mente alcune categorie:
1. La Biblioteca (con la B maiuscola): un ambiente dedicato, vietato ai non addetti, con librerie e scaffalature pesanti in mogano o ciliegio scuro. I libri, pur se non proprio antichi, incutono rispetto con la loro nobile vetustà. Dorsi rigidi, colori smorzati, verde bosco, rosso bordeaux, marrone. E naturalmente i titoli dorati. Poche sono le licenze al moderno: tutto parla di antica sapienza, di lunghi studi e note a margine.
2. La libreria radical chic: una Feltrinelli trapiantata in una scaffalatura bianca o di metallo leggero. Questo è il regno dei libri impegnati ma dai dorsi colorati: il giallo della Einaudi Stile Libero e della Piccola Biblioteca Oscar Mondadori e i pastelli (un po’ tristi per la verità, ma tant’è) dell’Adelphi. Un ammennicolo qua e là e l’arredo è completo.
3. La libreria disimpegnata: il mercato la fa da padrone e l’arredo ne risente. Ci sono molte copertine rigide ma solo perché si tratta dell’ultimo successo di Dan Brown o Giorgio Faletti. Lettering e colori risentono dell’improvvisazione dei creativi che devono piazzare il romanzone: tutto sommato una gran varietà di forme e colori. Ci sono poi dei jolly che tendono a insinuarsi in tutte le forme di librerie: le enciclopedie, sempre più inutili ma tanto eleganti, le collane di romanzi classici sfornate dai quotidiani, i bellissimi cataloghi delle mostre d’arte, che nessuno legge ma tutti ostentano.
Il libro è dunque un oggetto d’arredamento e lo dimostra questo quadro del pittore Carl Spitzweg, in cui la mansarda del poeta povero si colora solo dei suoi libri, che fanno da comodino e leggio ma anche da combustibile alla stufa. Buona lettura.
Luca
Ma che piacere leggerti proprio sul Blog di Marina. Carissima Maria, ancora sono vivi in noi i giorni trascorsi a Parigi nella vostra casa. Continua a seguire il Blog… e speriamo di vederci presto. …e nel frattempo finisci di leggere i libri “in sospeso”. Sabato sera sono andato a vedere con amici un film giapponese all’accademia a Valle Giulia. Nei nostri commenti è tornato in mente un pazzo che incendiò il tempio di Artemide. Io ricordavo di avere segnato a pié pagina il nome sul testo che usavo per preparare un esame. Che emozione sfogliare dopo più di 25 anni quelle pagine per cercare l’appunto. I ricordi emergevano dalla carta e dall’inchiostro. Bellissimo! VIVA l’inchiostro e la carta stampata.
P.S. Era “Erostrato: il matto che incendiò il tempio”.
Caro Massimo, con iPad sarebbe bastata una ricerca su google: pochi nanosecondi et voilà Erostrato è servito. 😉
Certo, ma non sarebbero mai tornate alla memoria alcune cose importanti del mio vissuto, che è il caso di non dimenticare. La finalità non è stata più quella di ricordare il nome del pazzo, ma è stata completamente traslata. In altro caso Google sarebbe tornato molto utile. …e comunque, libro o iPod, Erostrato ha raggiunto la sua finalità: essere ricordato in eterno!
quasi come Carneade
“Carneade! Chi era costui?”
Si, effettivamente in quanto significante e dal punto di vista estetico, in genere, il libro schiaccia “i poveri media tecnologici”…. Con un bemolle… Sono una felice detentrice di un iPad2 da qualche settimana, un oggetto assolutamente estetico che si fonde alla perfezione con la pila di libri lasciati “in sospeso” sulla table basse!
…ma non puoi utilizzarlo per “apparare” il tavolo sbilenco ahah. Libro 1 – iPad 0!!!
Perfetta l’individuazione delle tre categorie.
Ma se l’ultima pare essere sempre più frequente, vuoi per la disattenzione nelle letture vuoi per la causalità nell’arredamento, è anche vero che ha una cosa in comune con la seconda: la possibilità di adattamento ad ambienti ristretti. E sì, perché se il gusto prevale puoi anche permetterti una libreria radical chic in un miniappartemnto, ma la Biblioteca? no quella no… è relegata a case molto molto grandi che consentano un ambiente esclusivamente dedicato senza sacrifici per gli abitanti. Insomma la prima categoria pare più uno stereotipo legato a case antiche e a baroni universitari ormai in pensione se non defunti o, meglio ancora, a rappresentazioni cinematografiche di élites politiche ed intellettuali: in quanti film americani abbiamo visto stanze/biblioteche di tal genere (dodate persino di ampio camino) dove nutrire le menti dell’establishment?
Ma a proposito di film! mi viene in mente una possibile quarta categoria, in realtà una sottocategoria della prima: anche qui ambiente dedicato, scaffalatura di legno pesante, libri dal dorso duro e dai colori smorzati, insomma tutto ciò che serve a custodire sì antica sapienza ma anche… segreti, per la precisione “passaggi segreti”. Come non pensare alla libreria girevole di “Frankestein junior” azionata da apposito congegno e al tormentone “rimetta a posto la candela”? ecco allora che la libreria/biblioteca perde qualsiasi forma di austerità.
Ma per concludere aggiungerei un’ultima fantascientifica categoria, esatto contraltare della libreria alla Frankenstein, quella che non arreda perché è nascosta in una stanza segreta dove i libri sono ammucchiati e affastellati l’uno sull’altro: quella di “Fahrenheit 451”. E anche qui i libri fanno da combustibile. Ma questa è un’altra storia.
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grande luca…dimmi cosa leggi e ti dirò chi sei 🙂