BIXIO 41

Gioco, fantasia, immaginazione, memoria.

Le mie emozioni vengono traghettate e mi lascio naufragare da un approdo all’altro che porterà, senz’altro, a fare scoperte sempre nuove, a nuovi immaginari nei quali immergermi completamente per uscirne rivitalizzato.

E’ quanto mi è accaduto, ancora una volta, qualche giorno fa quando ho sentito l’urgenza di farmi trasportare nel fantastico mondo di due artisti speciali; di quelle personalità eclettiche che, dietro un’umiltà imbarazzante, lasciano intravedere mondi paralleli distanti anni luce dalla convenzione e dalla banalità del quotidiano.

Il vento mi spinge al fantastico approdo in via Bixio 41 dove Fabio Maria Alecci e Gianluca Esposito hanno il loro laboratorio, la loro casa… la loro fucina: STUDIO Bixio41… appunto.

Il portone del suggestivo condominio dell’Esquilino, è la soglia del confine tra una brulicante vita multietnica ed un percorso iniziatico che, seguendo un cammino segnato da una linea retta, fa percorrere lo spazio dell’androne, quindi del cortile fino al “Sancta Sanctorum”, nel quale Gianluca ci accoglie con un sorriso. Immediatamente si precipita in un vortice trascinante e nessuna bussola sarebbe in grado di fare mantenere l’orientamento. Un bellissimo costume occupa il piccolo atelier di ingresso imprigionando il crine nella plastica che mi rimanda subito all’odore dei materassi quando dormivo dai nonni, in Umbria. E così via! Coloratissime surreali figure mi guardano dalle vetrine illuminate e sembrano danzare. Sono come un Pinocchio dietro le quinte del teatro di Mangiafuoco, circondato da tanti personaggi di argilla dal forte carattere che sconfina tra il circense, cortigiano e il surreale. Il Settecento napoletano è l’ispirazione di tanta immaginazione che punta, e fa centro, all’incredibile. L’autore e le sue figure mi coinvolgono in una rappresentazione scenica nella quale mi lascio trascinare con una gioia che vorrei gridare forte ma che un falso pudore mi costringe al controllo. Capriccio e razionalità sembrano fondersi insieme per rappresentare un mondo a noi lontano ma che può essere ancora letto da coloro ne possiedono la chiave. Le espressive teste colorate sembrano evocare il taglio secco della ghigliottina della Rivoluzione Francese. Fabio mi invita ad entrare nel grande laboratorio abitato da variopinte piante carnivore: chissà chi era che camminava sui vertiginosi tacchi a spillo che devono essere ancora ingoiati. Formiche giganti scalano il muro bianco e la furba volpe, nella teca di vetro, annusa furbetta, qualcosa. Un volo di colibrì sembra agitarsi tutt’intorno e quando Gianluca mi offre un buon caffè servito in una larga tazzina… mi sono sentito come precipitare, giù nell’albero, nel meraviglioso paese di Alice. Come il Bianconiglio passavo da uno spazioall’altro del laboratorio consapevole di “stare qui quando dovevo stare lì”. In questo spazio vivono insieme le creazioni di Fabio e di Gianluca, perfette opere di arredo per una casa autenticamente originale. L’uso di materiali riciclati, il riuso di oggetti, vanno oltre il banale al quale la tendenza al recupero ci ha abituati. Le opere di Fabio vivono nella ricerca delle arti figurative sfociando nel gusto scenografico e nel design. Grandi sculture ci trasportano nell’imaginario educando all’attenzione del recupero dei materiali e all’ecosostenibilità. L’istallazione stellata con il BO-OM, presentata in occasione della recente ArtWeek da Gianluca, richiama ad una imminente fine di tutto: approfittiamo per vivere la vita! Come fosse in un museo, la teca in vetro conserva la Volpe che ha Fame. La zuppiera, sigillata da catene, contiene quanto possa soddisfare questa fame: arte? ricchezza? curiosità? Non lo so. Sicuramente ciò di cui si ha fame! Con il loro carattere fortemente narrativo, le opere denunciano che le Fate delle favole, ormai, sono drogate e la Pecora delle fiabe si dà all’alcool mentre la Volpe è alla canna del gas. Dissacrante e divertente Gianluca utilizza i codici della fiaba e del gioco per esplorare ed indagare la realtà: piccole “mostriciotole” spaventevolmente mi guardano mentre un topino è al suo tavolo per la colazione. Interni abitati al punto di sentirne il calore umano, fino allo strutturato modulo dell’alveare con i suoi abitanti. Uno spazio, che è altro, mi fa sentire a mio agio, sicuro. Gli ambienti della casa, di questi due artisti, sembrano avere paura del vuoto; l’horror vacui della cultura del Sud si sente con prepotenza ed io ne sono completamente coinvolto e rassicurato tanto che, davanti alla credenza della cucina mi sembra di vivere in una scena di “Arsenico e vecchi merletti”.

Qui, in questo contesto,  la calma trasmessa di Mr.Wong, che si accoccola alle mie gambe, e di Zita, in perenne ricerca del cibo, con il loro miagolio mi riportano alla realtà e tutto ciò che vedo è vero!

 

 

 

 





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