Il 4 di maggio

 

E’ il 4 di Maggio.

Quando ho sentito proporre dal governo questa data per segnare, anche se parzialmente, la ripresa di molte attività, risuonava dentro di me il detto napoletano, che sentivo dire, quando un periodo difficile passava e si doveva ricominciare ed andare avanti con la vita.

Nel calendario napoletano questa data indica il giorno in cui, magari in seguito ad una ingiunzione, le famiglie erano costrette a traslocare, ad abbandonare in fretta l’abitazione e l’espressione “fa nù quatte ‘e maggio” voleva dire che si doveva sloggiare, cambiare modo di vivere per passare ad un’altra modalità di vita. Quale? Questo era da scoprire. Il via vai per le scale e per le strade, di mobilio, masserizie e suppellettili,  generava una grande confusione: una attività pesante e logorante e che spesso non si concludeva in una giornata.

Il 4 di Maggio era così una giornata di cambiamento!

Tutto questo si agitava nella mia mente quando ho sentito che il 4 Maggio avremmo potuto riprendere  le nostre attività: dopo due mesi di chiusura dei cantieri degli appartamenti che stiamo ristrutturando, ci rimettiamo, come in tanti, in moto. Devo dire che l’entusiasmo non è al massimo e la preoccupazione per il futuro è alta; il 5 Marzo 2020 ha segnato un confine tra come eravamo prima e come saremo dopo.

Marina ed io ci troviamo a mettere in discussione il nostro lavoro. In questi giorni di chiusura forzata abbiamo trascorso molto tempo a confrontarci tra noi e a pianificare la ripartenza. Cosa va bene del lavoro che fino ad oggi abbiamo svolto? Cosa dovremmo cambiare per essere al passo con la nuova organizzazione della società e del lavoro? A queste domande hanno risposto alcuni nostri committenti che ci hanno inviato messaggi di conferma della validità delle soluzioni che abbiamo trovato per le loro case, e per le loro esigenze, e che in questi giorni stanno subendo un vero e proprio Crash Test.

Le case, in questi giorni, hanno dovuto fare i conti con un rapido e importante cambiamento delle abitudini dei nuclei familiari. Da spazio vissuto prevalentemente la notte fino alla colazione e poi a fine giornata, con il rilassamento della cena e del dopocena, a spazio in cui devono essere svolte anche quelle attività che erano appannaggio di luoghi come l’ufficio, la scuola, la palestra, la scuola di musica, di danza e così via. Ritrovarsi improvvisamente tra le pareti di una casa che ci è familiare -è la nostra bella casa- ma che iniziamo a guardare con occhi diversi e nella quale ci muoviamo in modo diverso. Ci accorgiamo di non esserci mai seduti prima su quella poltroncina in camera da letto, oppure di quello scrittorio, acquistato per sfizio, che si è rivelato quanto mai indispensabile per garantire una postazione per il lavoro a distanza. Iniziamo così a muoverci nello spazio della nostra casa con le nuove esigenze di  lavoratori e di uno o più studenti;  in altri momenti della giornata con le esigenze di un atleta o di un musicista per non dimenticare l’aspetto di educazione allo spirito con momenti yoga o di preghiera personale.

Questa convivenza forzata nelle pareti domestiche ha messo in luce le criticità più evidenti: molti avvertono la mancanza di uno spazio esterno –balcone, terrazza, magari giardino- o di ambienti privilegiati per garantire ad ognuno, adulto o bambino, uno spazio dove ritirarsi per lavorare in concentrazione o per studiare.

Purtroppo la cronaca ci porta, con  prepotenza, a vedere anche quanto di fortemente negativo questo isolamento ha esponenzialmente elevato: isolamento psicologico, violenza fisica e psichica scatenano ciò che di più recondito c’è negli animi umani. Spesso la casa è tutt’altro che quel luogo poetico e di sogno che immaginiamo, eppure rappresenta sempre il nostro essere come nelle favole, dove la casa è il contenitore onirico ed immaginativo dei significati legati alla vita, all’inconscio e alla realtà ed ha sempre un suo significato fondamentale: Biancaneve fugge da una casa bellissima, dal castello dove subisce violenza e si rifugia in una casetta accogliente e piena di calore umano. Sarà il suo luogo di transizione alla vita adulta e troverà il suo principe che verrà a salvarla da un lungo sonno mortale. Così anche  Cenerentola, vittima delle angherie, delle umiliazioni e dell’invidia vive nella speranza di un riscatto sognando di fuggire da quella realtà e trovare una casa che le appartenga. Invece i piccoli Hans e Gretel si allontanano dalla loro casa umile ma piena di affetti per cercare cibo e vengono attratti dalle lusinghe della vita chiuse in una bellissima casa di marzapane, falso contenitore di inganni e sofferenze. La casa, quindi, rispecchia il percorso interiore di ogni individuo ricca di significati che spaziano dalla sicurezza al calore umano, da una solida dimora indistruttibile alla fragilità e alla fatiscenza di un freddo tugurio.

Così noi ritorniamo nei nostri cantieri per riprendere il cammino e ci interroghiamo su quanto tutto cambierà. Sicuramente l’attenzione di molti verso il luogo che li ospita aumenterà e si analizzeranno con più attenzione quanto sia importante vivere maggiormente la propria casa e ascoltare le esigenze che partono dalla nostra anima.

Le poche strofe del detto napoletano possono sembrare pessimiste e rassegnate mentre, invece, con questa filosofia siamo certi che la vita va avanti, sempre, anche se con qualche sacrificio, ma se ne esce sempre fuori.

E’ una giusta filosofia.

“Cara fatte curaggio,’a vita è ‘nu passaggio

Facimmecechist’atu quatto ‘e maggio,

che ne parlamme a ffà si o munnoaccussì va’”





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