lusso dimesso

Ancora una volta l’amico Luca ci offre un contributo pieno di emozioni in sintonia con il pensiero del nostro blog. Siamo felici di  postarlo per voi anche per augurare il benvenuto a Vittorio, appena nato,  secondogenito di Luca e Caterina.

“Vedi, cara, noi teniamo alle nostre case ed al nostro mobilio più che a qualsiasi altra cosa…” Così Tancredi catechizza Angelica prima del ballo a palazzo Ponteleone ne Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa. È forse lo stesso sentimento di possesso per la robba di stampo verghiano, trasfigurato dal gusto per il bello e il lusso cui sono state abituate per secoli nobili famiglie siciliane. E di quel capolavoro della letteratura io ricordo alcune scene domestiche dove il lusso è (o è stato) così scontato da diventare ormai parte del quotidiano, anche un po’ dimesso. “Fasto sbrecciato” lo descrive Tomasi al momento della cena a Villa Salina: rattoppata tovaglia finissima, argenteria massiccia e splendidi bicchieri di Boemia, piatti superstiti di vari servizi, i più grandi di Capodimonte con larga bordura verde-mandorla con ancorette dorate riservati al Principe. Tutto sotto un potente lume ad olio (la carsella) appeso al lampadario di Murano.

Il lusso dimenticato viene riscoperto poi negli appartamenti del palazzo di Donnafugata, dove Tancredi e Angelica, durante le loro scorribande amorose vagando di stanza in stanza, trovano arazzi polverosi, quadri sbiaditi, divani a brandelli, carillons ormai muti, baldacchini con penne di struzzo. E un’altra scena merita di essere ricordata: il bagno del Principe a Donnafugata. “Lo stanzino imbiancato a calce, il pavimento di ruvidi mattoni, la vasca in lamierino verniciato, giallo fuori e grigio dentro, issato su quattro robusti piedi di legno”. Poi il sapone rosa, lo spazzolone, un fazzoletto annodato contenete crusca e un’enorme spugna. Non finirò mai di ammirare la capacità di Tomasi di rendere vivido e reale con quattro pennellate un ambiente e un momento così intimo della giornata di un uomo.

Il lusso, questa volta ancora ben presente, si manifesta in tutto il suo splendore a palazzo Ponteleone: “la sala da ballo era tutta oro: liscio sui cornicioni, cincischiato nelle inquadrature delle porte, damaschinato chiaro, […] conferendo così all’ambiente un significato orgoglioso di scrigno escludente qualsiasi riferimento all’esterno non degno”. E un’idea visiva ce la dà il Maestro Luchino Visconti nel suo adattamento cinematografico.

Così abitavano le nobili famiglie siciliane all’alba dell’Unità d’Italia. Così abitano ancora molti, perché i palazzi aviti di Napoli e Palermo nascondono ancora oggi mobili e oggetti di gusto antico che ricordano i fasti di un tempo. Ma il Gattopardo aveva ragione: bisogna che tutto cambi, se vogliamo che tutto rimanga come è.





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