architettura e fumetto
Una mostra tenutasi a Bologna a fine gennaio dal titolo Architetture mi fece venire l’uzzolo di scrivere su quel tema trattato nei fumetti. Perché proprio quella mostra? Perché nelle tavole esposte, pubblicate anche in un bel prodotto editoriale, si coniugava il tratto dritto e geometrico dei grandi dell’architettura mondiale nelle trasposizioni di Guido Moretti con il genio creativo del maestro Sergio Toppi. Così mi sono chiesto in quale delle mie tante letture fumettistiche, oltre al succitato Toppi, che in molti racconti illustrati (penso a Sharaz-de) libera la sua fantasia per disegnare edifici fantastici e fiabeschi, l’architettura occupa un posto da protagonista.
Naturalmente la serie Les Cités Obscures di Schuiten e Peeters è forse l’opera più sfacciatamente dedicata all’architettura. Negli ormai undici volumi ufficiali più altrettanti spin-off si racconta di favolose città-stato di un mondo parallelo in cui palazzi, strade, ponti, mura fanno da sfondo a storie surreali. Linee guida sono per lo più l’Art Nouveau con palazzi ispirati a Horta, l’Art Déco con espressi riferimenti ai grattacieli americani degli anni ’20/’30 e il Bauhaus di Gropius. Non mancano riferimenti più classici come certe tavole piranesiane nell’album La Tour o visioni impossibili alla Escher.
Ribaltando completamente prospettiva, Glaudel e Arleston raccontano invece, ne Les Maitres Cartographes, di mille regni che formano un’immensa e tentacolare città che copre tutta la superficie del pianeta. Per quel che so del primo volume si tratta di ambientazioni urbanistiche un po’ fantasy ma la serie è arrivata fino al 6º episodio. Probabilmente le vicende del protagonista ci portano alla scoperta di luoghi sempre diversi. (qualcuno ce lo racconta o devo comprarmi tutti i volumi della serie?)
Maestri di visioni futuristiche sono invece Moebius (scomparso recentemente) con i capolavori Il Garage ermetico e Incal e Jean-Claude Mézières, le cui scenografie e invenzioni sono state utilizzate da Luc Besson per il film Il quinto elemento. In particolare sono diventati famosi i taxi gialli volanti, anche se non sono propriamente un elemento architettonico.
Dei maestri del fumetto giapponese mi vengono in mente, su suggerimento dell’amica Elisa, solo le dettagliate e accurate ricostruzioni di edifici della tradizione nipponica da parte di Hayao Miyazaki nel film d’animazione La città incantata.
Quindi, come consuetudine di tutti i miei post, chiedo a voi miei quattro lettori (i venticinque di manzoniana memoria sono anche troppi per me) di integrare queste poche note con le vostre conoscenze, perché tutti possiamo ampliare i nostri orizzonti di lettura, anche fumettistici.
scusate se mi intrometto nella discussione in cui sono incappato, casualmente, navigando in rete alla ricerca di notizie sulla mostra cui fa riferimento luca all’inizio del suo post.
orbene, nel marzo 1997 mi sono laureato in architettura presso lo iuav con una tesi sull’immaginario architettonico e urbano nel fumetto.
per chi fosse interessato, il libro che ne ho tratto (al momento esaurito) è liberamente consultabile su issuu al seguente indirizzo: http://issuu.com/comicsmetropolis/docs/sequenze_urbane
ovviamente questo lavoro non ha la pretesa di essere esaustivo (niente Topolino, per intenderci) e può anche risultare in parte datato (la prima stesura del 1995-1996 è stata integrata nel 2000).
sull’argomento tengo anche un blog che aggiorno saltuariamente: http://comicsmetropolis.blogspot.it/
nel caso, buona lettura!
Grazie Andrea del tuo intervento. Nel caso che, da profano, non abbia scritto troppe sciocchezze sull’argomento, sono molto orgoglioso del tuo commento. Appena ho un po’ di tempo mi guardo le pagine del tuo libro. (iPad non me le fa vedere).
Saluti
Luca
bellissimo tema luca, molto interessante, persino per me, che non sono una grande intenditrice di fumetti. fai venir voglia di andarle a vedere queste “non architetture”
Ho atteso prima di commentare. Devo essere sincero: a me questa architettura rappresentata nei fumetti non piace. O meglio: l’architettura intesa in questo modo, nel fumetto. Ai miei occhi appare come una confusione formale e dissonante… magari come una musica stonata ad un musicista. Questo tipo di grafica è espressione dei nostri tempi che, ormai, vedono anche l’architettura svilita dalla sua reale portata. Riviste patinate sono piene di moderne architetture eccessive e strabilianti ma bidimensionali. Non c’è creazione dello spazio. Non si lascia spazio all’immaginazione di raccontare cosa accade dietro o dentro quelle forme. Molto più forti e rispondenti ad un autentico concetto di architettura sono il deposito di Paperone: architettura postmoderna che sembra essere progettata da un antenato di Philip Johnson. Come è strutturato il suo spazio all’interno? Paperone si affaccia da finestre improbabili che fanno disegnare alla nostra mente spazi interni in continua evoluzione. E poi la casa di Paperino: la soffitta –nel sottotetto- è la parte più intrigante. Come è fatta? Sembra quasi l’anima della casa così come la poltrona su cui ronfa sempre. Per poi diventare rifugio di Paperinik. Quella è architettura! Il fondo dell’armadio cela l’ingresso al rifugio segreto che dall’esterno non è rivelabile… come la stanza dove hanno vissuto Anna Frank ed i suoi familiari. Pensiamo a Batman con la genialità del suo bunker ricopiato da quel figlio di Letizia Moratti in un edificio industriale. La botola si alza e si scende nel poligono di tiro insonorizzato. Ma più interessante è come l’architettura sia stata influenzata dal fumetto! Celebretion, la città del nuovo urbanesimo a numero chiuso, è il modello dei non-luoghi che caratterizzano le nostre città.
Insomma: a me piace la cuccia di Snoopy che rappresenta una autentica solidità e una sfida alla tridimensionalità. Essenziale nella sua complessità: lo scrittore scrive sul tetto. …era una notte buia e tempestosa.
Mi pare che questo mio post abbia colpito nel segno. Da un lato Alberto (spero ne seguiranno altri) ci arricchisce con i suoi suggerimenti, dall’altro Massimo approfondisce il lato più “tecnico”. Mi sembra però che tu, caro Massimo, nella foga iconoclasta dei duri e puri, generalizzi un po’. Quali fumetti, o meglio, quali architetture di quali fumetti ti sembrano confusione formale e dissonante? Non si può fare di tutte le erbe un fascio. Ci saranno storie e disegni migliori e altri più mediocri, così come esiste una letteratura “alta” e una, diciamo così, più popolare. Per non parlare dei gusti personali. Oltretutto parliamo di letteratura disegnata dove si lascia molto spazio alla fantasia e non di manuali da studio. Tu stesso porti poi altri esempi che evidentemente rispondono di più alla tua visione. Anch’io avevo pensato al deposito di Paperone ma avevo desistito perché nella letteratura disneyana (italiana) non esiste uno standard: i grandi maestri (Scarpa, De Vita, Cavazzano, Carpi e ne dimentico sicuramente altri) hanno tutti interpretato a loro modo i contesti urbani in cui si muovono i paperi compresi depositi, soffitte e nascondigli segreti. E io volevo, nella pochezza delle mie conoscenze, citare quei fumetti (forse anche un po’ meno conosciuti dai lettori italiani) in cui l’elemento architettonico (vero, finto, realistico o immaginato) fosse in qualche modo protagonista delle tavole disegnate.
Evidentemente a me il fumetto che interpreta l’architettura non mi affascina, e il post che tu hai scritto sicuramente mi è di stimolo per approcciare con un occhio diverso. Io non ho una cultura “fumettistica” e non mi posso esprime con competenza, ma quello che emerge è un’emozione. Il fumetto “racconta” una città, un’architettura; di contro il disegno la “immagina”. Quando si progetta è questo il rischio di fare un “Fumettone”. Questo è proprio ciò che sta accadendo ai nomi dell’architettura dei nostri giorni. Sant’Elia era un’altra cosa. Mi accosterò al fumetto con più umiltà. Il fatto è che noi architetti siamo stati educati di più da una cultura architettonica legata alla letteratura o al cinema -Wim Wenders,Fritz Lang, Antonioni, Ridley Scott-. Le tavole di un fumetto -delle quali apprezzo la qualità- mi sembrano più vicine al decorativismo. Ripeto: non ne riesco a cogliere l’aspetto spaziale; resta un fondale, effimero. Comunque, come giustamente dici, non si fa di tutte le erbe un fascio e seguirò i consigli tuoi e di Alberto. Però attenzione: non cadiamo tutti nell’errore che in molti stanno facendo. L’architettura è “n’ata cosa”.
Come dici bene tu, il fumetto racconta l’architettura, non “è” architettura, per questo manca della terza dimensione. Devi prenderlo per quello che è.
fritz lang e ridley scott attingono ad immaginari che oggi potremmo definire fumettistici.Wright per i suoi esterni faceva lo stesso.Geniale è l’architetto che ad un viscerale studio del reale ( interni , spazi , luce ,clima , committenza , finanze disponibili , legislazioni ecc.) annoda un altrettanto viscerale studio dei giochi volumetrici e della potenza dell’ ” esterno-messaggio”. La pelle dell’edificio è uno spot.Per questo nel fumetto rendono molto le fantasticherie architettoniche.
Concludo dicendo che fin troppo la nostra cultura analitca ci porta a dividere le discipline.Cominciamo ad interlacciarle insieme,dissonanze incluse.
….che a volte è molto meglio leggere Moebius che vagare per quei postriboli di noia che sono le Università di Architettura oggi.
Parlando di Miyazaki e di animazione giapponese potrei citarti, accanto a La citta’ incantata, le ricostruzioni di architettura tedesca e italiana di inizio ‘900 dei film “Kiki’s delivery service” e “Porco Rosso”, nonche’ le visioni oniriche di “Laputa, il castello nel cielo” (recentemente tornato al cinema in Italia, ridoppiato).
Per quanto riguarda le visioni futuristiche, impossibile dimenticare le atmosfere post-belliche di Ghost in the Shell e Neon Genesis Evangelion.
:o) E’ mio cugino!! :o)
Grazie Alberto per l’approfondimento su Miyazaki. E a proposito di Ghost in the Shell, era talmente impossibile dimenticarlo che io l’ho fatto, pur conoscendo le due serie. 😉
Pensare al fumetto in chiave “architettonica” è uno spunto molto originale…ma la mia cultura nelle storie disegnate (Dylan Dog e qualche altro classico) è troppo ristretta per suggerire qualcosa. Mi limito a segnare il mio nome come “quinto” appassionato lettore.
e son felice che tu abbia avuto l’uzzolo di scriverlo… molto bello ed evocativo! grazie luca