Persistenza della memoria
Probabilmente la questione della Memoria storica mi affascina molto ed apprezzo qualunque espressione artistica che promuova riflessioni su questa tematica.
Credo che il recupero della memoria sia una delle emergenze dei nostri giorni.
In passato abbiamo già parlato più volte di Memoria Collettiva, ma questa non è forse la sommatoria delle innumerevoli storie personali? delle memorie individuali? delle nostre piccole storie?
Ho riproposto ai miei ragazzi la visione del film “Vajont” e, nelle provocazioni per alimentare il dibattito, ho sottolineato l’attenzione sulle parole dell’articolo che la giornalista Merlin scriveva mentre le acque del fiume salivano di livello sommergendo il paese. La gente, obbligata a lasciare le loro povere case, portava via quanto poteva: il letto dove erano nati i loro figli, la fotografia del loro matrimonio… nel mentre la giornalista chiedeva, ai suoi lettori, cosa avrebbero salvato per conservare e trasmettere la propria memoria attraverso la storia legata a quegli oggetti che raccontano di relazioni sociali, di affetti.
Noi “che viviamo sicuri nelle nostre tiepide case, che tornando a casa troviamo il cibo caldo e i visi amici”, che viviamo in case piene di ogni bene, forse non pensiamo più a cosa veramente ha Valore; cosa è la nostra memoria. E’ questo che ho avvertito parlando con i ragazzi mentre il suono della campanella mi toglieva dall’impaccio venendomi in aiuto. Ho colto la lontananza dei giovani dalle tracce della loro memoria, o meglio, ho avuto la sensazione che non si è più educati a recuperare il ricordo come parte fondamentale della propria identità. Viviamo in un mondo distratto, fatto di fretta e di sguardi superficiali alle cose e si è concentrati a vivere intensamente il presente e preoccupati per il futuro. Fermarsi a ricordare sembra non essere più un momento condiviso di crescita, un fatto educativo, dimenticando che questa azione diventa incuria collettiva confinando i ricordi nella dimensione nostalgica. Raccontarsi, invece, ci àncora alla realtà ed è segno di una presa di coscienza lanciata verso il futuro.
La memoria non è solo il ricordo di fatti accaduti o di esperienze vissute ma è scoprire il passato che c’è, che c’è stato e che conferma di esistere. E’ nel prendere coscienza di questo passaggio che l’individuo cresce, matura e prende Forma per dare un senso al suo futuro. Fare memoria è dunque qualcosa di più del semplice ricordare. Fare memoria del nostro passato, della nostra famiglia, serve a costruire la struttura della vita personale di ciascuno di noi. Non è sentimentalismo ma qualcosa di fortemente razionale. Forse è per questo che nella nostra storia civile si riaffacciano fantasmi del passato: abbiamo forse voluto dimenticare quanto accaduto e la Storia ci presenta il conto?
Proviamo attraverso gli oggetti che conserviamo nelle nostre case a ricostruire, a recuperare, la nostra memoria. Facciamo memoria delle cose.
Svolgiamo questo esercizio con i nostri ragazzi e, perché no?, fateci sapere cosa avete elaborato.
Ho la casa piena di oggetti, molti di scarso o nullo valore veniale. Molti di questi sono chiodi sul muro della mia vita; a questi chiodi sono attaccati i miei ricordi, con le loro storie liete o tristi, belli o brutti. Quando giro per casa è un continuo aprirsi di finestre di ricordi: la gita a Orvieto, l’acquisto alla Rinascente con Lisetta, le mie passioni giovanili, il regalo di laurea, il primo regalo che mi ha fatto Lisetta, quando eravamo fidanzati, un lavoretto fatto dalle figlie alle elementari, il registratore di mio fratello con la sua voce registrata e via, via le tappe della mia vita. Tutto questo mi ricorda le cose buone che ho fatto e gli errori che ho commesso: non ho rimpianti. Ma sento che la mia vita di oggi si fonda su quei ricordi. Quando morirò, tutte queste cose, o almeno molte di esse, perderanno ogni loro valore: saranno solo cose da buttare, perché il senso profondo di quegli oggetti lo porterò con me.